Su progetto di Gabriella Farina prende avvio a partire dal 21 novembre 2003 la “Collana Sartriana” Edizioni Marinotti. È prevista la pubblicazione di numerosi testi inediti in italiano di Jean-Paul Sartre. La Collana si avvale di un Comitato Scientifico formato da: Gabriella Farina, Michel Kail, Michel Sicard, Giuseppe Cacciatore, Paolo D’Angelo, Luciano De Fiore, Alfredo Ferrarin, Massimo Marraffa, Rocco Ronchi.
Jean-Paul Sartre
Il colonialismo è un sistema
La presente raccolta propone per la prima volta in Italia di una serie di scritti di Jean-Paul Sartre su colonialismo, migrazioni, schiavitù e razzismo. Si tratta di contributi che, pubblicati dal grande filosofo francese nel pieno della lotta anticoloniale tra gli anni Sessanta e Settanta, hanno influenzato diverse generazioni di intellettuali, militanti e politici in tutto il mondo, ma che di recente sono stati riletti e rivalorizzati secondo diverse prospettive teoriche internazionali emergenti – come gli studi postcoloniali, la critica decoloniale e anche i black studies americani – che così hanno gettato nuova luce sia sul suo sistema filosofico e politico complessivo, sia sul suo rapporto con le altre tradizioni di pensiero non europee.
Gli scritti anticoloniali e antirazzisti di Sartre risultano infatti ancora sorprendentemente attuali e possono offrire sia nuove chiavi di lettura della storia odierna, sia nuove risposte ai conflitti di questo drammatico presente.
Jean-Paul Sartre
Le radici dell’etica
Il volume propone la traduzione italiana del manoscritto francese Les racines de l’éthique (edito in lingua originale dalla rivista «Études sartriennes» nel 2015), scritto da Jean-Paul Sartre in vista della conferenza svoltasi presso l’Istituto Gramsci di Roma dal 22 al 25 maggio 1964. In queste pagine l’autore si propone di descrivere «l’esperienza etica nella sua oggettività», dando continuità alle sue ricerche precedenti, nelle quali aveva analizzato dialetticamente la società a lui contemporanea. Tuttavia, Sartre non si limita a questo e arriva a formulare una teoria etica originale. La radice dell’agire sociale è da situare nel bisogno, ossia nelle ragioni pratiche, materiali e concrete che motivano gli individui a compiere le proprie azioni. Tuttavia, in questa prassi gli individui si scontrano con quegli «oggetti sociali» che per Sartre manifestano e costituiscono la struttura normativa della società, ossia le istituzioni, i costumi e i valori. Questi oggetti del campo sociale non possono essere evitati, poiché agiscono nell’interiorità dell’individuo, dirigendo le sue azioni e dando forma alle sue motivazioni. In altre parole, tali oggetti alienano le azioni individuali e impongono agli agenti delle condotte ben definite, attraverso le quali realizzarsi nel campo sociale stesso. Per Sartre, insomma, l’esperienza etica nella sua oggettività è un’esperienza di alienazione, tale per cui si manifesta ciò che egli chiama «paradosso etico»: la realizzazione di un contenuto alienante non potrà far altro che alienare l’individuo che agisce.Per tale ragione, Sartre sostiene che la «vera etica» sia quella che permette all’uomo di riconoscere questa alienazione e, soprattutto, che gli consente di inventare, ossia di trovare nuovi mezzi e strumenti per realizzarsi, in maniera autentica e nuova rispetto a quanto proviene dal passato. La «vera etica», insomma, è quella che libera le possibilità individuali, a differenza dell’etica normativa, la quale invece le aliena. Il fine della nuova etica immaginata da Sartre è dunque quello di permettere all’uomo di realizzare praticamente la propria libertà.
Michel Kail
Simone de Beauvoir Jean-Paul Sartre Quale relazione?
Scritti e carteggi in dialogo e confronto
Il libro esplora la relazione unica, emblematica, durata tutta la vita, tra Jean-Paul Sartre e Simone de Beauvoir, attraverso un confronto critico tra gli scritti originali dell’uno e dell’altra. Michel Kail, ideatore di questo libro, propone un’analisi comparata nella forma di un dialogo e di una conversazione sui temi centrali del loro pensiero. Entrambi filosofi, entrambi scrittori di romanzi, sensibili a tutte le innovazioni culturali, entrambi impegnati nell’appoggio fattivo all’indipendenza dell’Algeria, e al sostegno del ’68 durante il maggio francese. Uniti dalla comune adesione ai principi dell’esistenzialismo, Simone de Beauvoir li applica in particolare alla questione dell’emancipazione femminile. La sua ricerca costituisce una delle prime e più acute analisi filosofiche sul tema della differenza tra i sessi e una delle più radicali denunce del monopolio maschile della cultura, aprendo la strada al pensiero femminista. Il testo trae spunto dal continuo e mai interrotto dialogo tra due protagonisti assoluti della cultura del Novecento francese; un raccontarsi per conoscersi e riconoscersi e rappresenta ancora oggi un momento culturale di altissimo valore sul quale non si può non riflettere.
Jean-Paul Sartre
Typhus
Una storia d’orgoglio e redenzione – Un film
Postfazione di Grégory Cormann e Jeremy Hamers
Marinotti Edizioni, 2021
Nel 1943 la casa di produzione cinematografica francese Pathé, volendo promuovere la rinascita culturale della Nazione durante l’occupazione tedesca in piena guerra mondiale, propose ad alcuni scrittori di redigere testi che potessero essere adattati per il cinema, dando così voce alla speranza che la liberazione e la fine della guerra avrebbero portato ad una nuova consapevolezza sociale e civile. Sartre, accogliendo l’invito, scrisse Typhus, il progetto purtroppo non ebbe seguito. Tuttavia nel 1953 il regista Yves Allégret si ispirò a questo testo per realizzare il film, Les Orgueilleux (Gli orgogliosi), interpretato niente meno che da Gérard Philipe e Michèle Morgan, film del quale però Sartre rifiutò la paternità. La sceneggiatura originaria di Jean-Paul Sartre ambienta la narrazione negli anni ’40 in una città portuale della Malesia popolata da una nutrita colonia di europei e colpita da un’epidemia di tifo proprio nel bel mezzo della Seconda Guerra mondiale. I protagonisti, Nellie e Georges, si incontrano nel pieno dell’epidemia: la prima è una cantante di locali notturni di dubbia reputazione, con il sogno di intraprendere una vita diversa in Europa, ma con la disponibilità a prostituirsi pur di ottenere un lavoro; il secondo è un medico militare radiato dall’albo e votato con accanimento all’autodistruzione, alcolizzato, è sempre pronto a compiere piccole azioni meschine per una bottiglia di whisky. Entrambi si riconoscono nella vita perduta dell’altro, pur rivendicando con orgoglio il diritto di fare di se stessi ciò che vogliono; nello stesso tempo si accusano reciprocamente di avere distrutto la propria dignità. Inaspettatamente nasce fra i due un amore che vince l’orgoglio e il reciproco disprezzo; insieme intraprendono un percorso di redenzione, ritrovando la dignità perduta e unendo i propri destini nella lotta all’epidemia in nome della solidarietà verso i più deboli.
Jean-Paul Sartre
La leggenda della verità
Marinotti Edizioni, 2019
Di straordinaria attualità e pubblicati per la prima volta in Italia, i testi raccolti in questo volume riportano per intero le riflessioni di Sartre su un tema – la verità – sul quale è ritornato a più riprese durante la sua vita di filosofo. Sartre si confronta con quelle che lui individua come le tre possibili accezioni di verità: la “verità del certo” rappresentata dalla scienza e dal suo corollario politico, la democrazia; la “verità del probabile” definita dalla filosofia ed infine la “verità dell’uomo solo”, che prova ad andare al di là del certo e del probabile per scoprire quella verità che scaturisce dalla propria ricerca individuale. Sartre cerca, in chiave ironico-critica, di difendere la sua tesi, ovvero la superiorità “dell’uomo solo” sulle verità della scienza e le approssimazioni dei filosofi, procedendo di aporia in aporia moltiplicando dubbi e obiezioni. Non è affatto semplice imporre oggi un’alternativa alla scienza ed alla filosofia.
“Ci vorrebbe un racconto filosofico per convincerci che la Verità non è altro che una leggenda che è riuscita a farsi passare per vera”. Jean-Paul Sartre
Jean-Paul Sartre
Bariona o il gioco del dolore e della speranza
Marinotti Edizioni, 2019 (NUOVA EDIZIONE)
Bariona è un originale racconto scritto e rappresentato da Sartre nel Natale del 1940 per i suoi compagni di prigionia nel campo di Treviri. Sartre ebbe modo allora di conversare a lungo con i preti detenuti, discutendo con sincerità di fede e teologia. E’ forse alla luce di questa nuova esperienza che Sartre scrisse un testo teatrale sul mistero del Natale. Lo compose in breve tempo, scelse gli attori, assi-stette a tutte le prove, creò la messa in scena ed i costumi e lui stesso vi partecipò nella parte del Re Magio Baldassarre. La storia ruota intorno alla figura di Bariona (dal curioso soprannome di “figlio del tuono”), capo di un villaggio vicino a Betlemme ed è ambientata nell’epoca in cui la Giudea era oppressa dai Romani e vessata da continue richieste di tributi. Alla visione di Gesù Bambino Bariona abbandona ogni diffidenza verso il Messia e si impegna nella realizzazione del progetto di liberazione del suo popolo. Il testo si offre al lettore come l’immagine di un’esperienza religiosa che raggiunge il suo apice nella descrizione, poetica e pittorica insieme, del rapporto di intimità che lega la Madonna al Bambino, e nel contempo come esperienza politica che, nella chiara allusione alla Francia occupata dai nazisti, vuole creare aggregazione e solidarietà tra i prigionieri, credenti e non credenti, e sollecitarli alla resistenza contro gli invasori. Progetto, questo, assolutamente nuovo e singolare per Sartre, notoriamente riconosciuto come l’esponente di un esistenzialismo ateo; lui stesso non ha esitato a dichiarare di aver avuto sempre un rapporto difficile ed impossibile con Dio. Oggi, la lettura di quest’opera, offre l’occasione di ripensare l’ateismo di Sartre e la sua filosofia dell’esistenza.
Jean-Paul Sartre
Tortura, diritto e libertà
Marinotti Edizioni, 2018
Di straordinaria attualità, le riflessioni politiche di Sartre raccolte in questo volume, a cura di Michel Kail, ripercorrono, in momenti storici differenti, le analisi e le lucide considerazioni sulla Tortura, il Diritto e la Libertà, del tutto inediti al pubblico italiano. I primi studi sul Diritto risalgono al 1927 dedicati al rapporto tra sovranità dello Stato e diritto naturale degli individui ed all’amara costatazione dei perpetui conflitti tra diritti individuali e diritti collettivi. Il diritto non è il frutto della libertà individuale, né del costume, bensì è un’esperienza dialettica che assicura alla collettività la sua coesione. Ma quando la collettività s’istituzionalizza in società, non è escluso pensare che lo Stato possa anche assumere prerogative basate sul Terrore e sulla Violenza. A partire dal 1947-48 le riflessioni di Sartre si rivolgono ai crimini di guerra ed alla funzione del Tribunale Russell e di quello di Norimberga convocati per discutere sui temi della tortura e del genocidio. É ipotizzabile la creazione di un Tribunale tanto rivoluzionario da essere capace di garantire alle esigenze etiche delle masse una dimensione giuridica? Nel 1972 Sartre tiene una Conferenza a Bruxelles sul rapporto fondamentale tra la Giustizia e lo Stato. Sartre pone due questioni di rilievo, ancora oggi al centro del dibattito politico: può esserci libertà se il potere giudiziario non è separato dal potere legislativo e dall’esecutivo? Ed altra questione: la Giustizia deriva dallo Stato o dal popolo? Le analisi di Sartre, data la complessità dei temi affrontati, sono costellate da ripensamenti, revisioni, paradossi e contraddizioni derivanti, anche e soprattutto, dalla dialettica della storia che trasforma ogni concetto nel suo contrario in una tensione sempre aperta a nuovi sviluppi. Sartre ancora una volta ci sorprende lasciandoci degli scritti profetici che aiutano a comprendere con più consapevolezza l’epoca tumultuosa che stiamo vivendo, sempre più turbata da tensioni e conflitti mondiali, che corrono il rischio di innescare dittature e massacri.
Jean-Paul Sartre
Marxismo e soggettività
Marinotti Edizioni, 2016
Nel dicembre del 1961 Sartre fu invitato a tenere una conferenza all’Istituto Gramsci di Roma, sul tema “soggettività e marxismo”. Presentò le sue ultime riflessioni sulla necessità di rinnovamento del marxismo dall’interno, suscitando così un dibattito di eccezionale vivacità, cui presero parte alcune tra le figure di intellettuali più in vista vicini al PCI (Della Volpe, Colletti, Lombardo-Radice, Luporini, Paci, Valentini, Semerari e altri). Sartre mostrò come l’analisi della soggettività fosse indispensabile per comprendere i fenomeni sociali. Attraverso la presentazione di casi singoli – l’operaio antisemita, l’amore in Stendhal, l’anarco-sindacalismo – delineò un’idea di soggettività come “universale singolare”, prodotto della storia e contemporaneamente invenzione di possibilità. La conferenza presenta uno straordinario spaccato del pensiero di uno dei più grandi autori del Novecento e un’introduzione alle tesi di una delle sue opere filosofiche più complesse: la Critica della ragione dialettica. Che cosa sarebbe successo se le posizioni di Sartre avessero fatto breccia nella cultura politica ufficiale del PCI dell’epoca? Un pensiero che poneva radicalmente la questione di che cosa sia la soggettività in una prospettiva marxista quali effetti etici e politici avrebbe potuto produrre? Quali progressi avrebbero potuto segnare la teoria marxista se si fosse posto al centro del dibattito il problema etico, come Sartre andava affermando? Queste domande, rimaste tuttora aperte, rappresentano ancor oggi la posta in gioco più rilevante della conferenza di Sartre e del dibattito che ne seguì.
Jean-Paul Sartre
La trascendenza dell’ego. Una descrizione fenomenologica
Marinotti Edizioni, 2011
Scritto al suo rientro dal viaggio in Germania, dove aveva studiato la fenomenologia di Husserl, La trascendenza dell’Ego è il saggio che segna l’esordio filosofico di Jean-Paul Sartre. Questo scritto è di un’importanza fondamentale: non solo contiene in nuce tutti i temi del futuro esistenzialismo sartriano, ma costituisce una pietra miliare nella storia del pensiero filosofico del Novecento. Sartre vi critica il residuo idealistico presente nella filosofia del maestro. Rivolge un attacco definitivo alla nozione di Io e a tutta la mitologia dell’“interiorità”, così cara ad una certa cultura francese del tempo. L’Io è in realtà una “cosa” come le altre “cose” del mondo. Esiste fuoridalla coscienza, come l’albero e la casa. Non coincide con la coscienza ma rappresenta un punto di opacità nella coscienza, la quale, in prima battuta, è rigorosamente impersonale. Purificare la coscienza dall’Io è, per Sartre, l’operazione fondamentale per la creazione di un nuovo materialismo che sia all’altezza dei tempi. Gilles Deleuze farà di queste pagine il fondamento del proprio pensiero e Jacques Lacan le utilizzerà per ripensare lo statuto del discorso psicoanalitico e la nozione freudiana di inconscio.
Per i nuovi orientamenti materialistici, che caratterizzano il più vitale pensiero filosofico del terzo millennio, questo testo di Sartre è un’opera che apre un nuovo e ancora inesplorato orizzonte del pensiero. La cura del testo è di Rocco Ronchi, che, nel saggio introduttivo, ne mette in luce la dirompente attualità e si chiede che cosa possa voler dire oggi fare filosofia speculativa.
Jean-Paul Sartre
Una strana amicizia
Marinotti Edizioni, 2010
Apparso per la prima volta nel 1949 e del tutto inedito in Italia, Una strana amicizia è ambientato in un campo di prigionia tedesco, all’inizio della Seconda Guerra Mondiale. Il protagonista, Brunet, è un militante del Partito comunista francese che nel campo cerca di tenere uniti i compagni e di sensibilizzare le coscienze di tutti gli internati per convincerli a continuare la lotta contro il nazismo. Ma un giorno scopre che il suo braccio destro, Schneider, non è la persona che credeva e in più che l’Unione Sovietica ha da poco firmato un patto con la Germania di Hitler…
In questo romanzo Sartre mescola la personale esperienza del campo di prigionia e le violente discussioni che animavano il dibattito politico dell’epoca con qualcosa che forse gli sta ancora più a cuore: l’amicizia con Paul Nizan, intellettuale e politico comunista che aveva polemicamente abbandonato il Partito a seguito del patto Molotov-Ribbentrop ed era andato volontario in guerra, morendo nel maggio del 1940.
Ad anni di distanza, il bisogno di Sartre è quello di tornare a fare i conti con un amico intimo dal quale si era allontanato, anche per dissidi politici, ma di cui ora condivide l’“impegno”. Con Una strana amicizia tenta così di ritrovare insieme il suo amico Nizan e il se stesso di un tempo, in ugual misura presenti nei due protagonisti del romanzo, Brunet e Schneider. Si tratta di un’operazione in cui la letteratura diventa parte dell’esistenza e assurge a luogo in cui accade ciò che non è stato, e si scrive ciò che non si è potuto dire.
Il Sartre filosofo si fonde col romanziere e il memorialista, fornendo al lettore la testimonianza di verità intima e a tratti struggente che costituisce uno dei momenti cruciali nello sviluppo del suo pensiero filosofico e del suo percorso etico.
Jean-Paul Sartre
Orfeo nero. Una lettura poetica della negritudine
a cura di Gabriella Farina
Marinotti Edizioni, 2009
Orfeo nero è un saggio di straordinaria efficacia lirica, e forse il meno conosciuto dal pubblico italiano, scritto da Sartre nel 1948 come introduzione all’Antologia della nuova poesia negra e malgascia di lingua francese curata dal celebre poeta senegalese Léopold Senghor, premio Nobel per la letteratura nel 1968.
Sensibile al fascino di queste poesie dei neri francofoni, alle loro grida accorate contro l’inumana e gratuita sofferenza, al loro doversi esprimere nella lingua del colonizzatore per poter comunicare il loro diritto di esistere come neri, Sartre è stato uno dei pochi intellettuali dell’epoca ad avere avuto il coraggio di condannare le politiche espansionistiche delle grandi potenze del secondo dopoguerra.
Il tema centrale di questo saggio sartriano è la “negritudine”, che trasforma queste pagine in un programma sociale, politico e filosofico. La negritudine è colta da Sartre come “nudità senza colore”, come particolare atteggiamento affettivo nei confronti del mondo e al contempo come rimorso e speranza dell’intera cultura occidentale.
Sartre reclama in questo saggio un rinnovamento del linguaggio filosofico e designa l’essenza della creazione poetica come scacco e distruzione della prosa: poesia straordinaria, come gli effetti travolgenti che escono dalle mani dei poeti africani.
Jean-Paul Sartre
Pensare l’arte
a cura di Michel Sicard
Marinotti Edizioni, 2008
Pensare l’arte come museo immaginario delle opere più amate e frequentate da Jean-Paul Sarte: dagli americani Haree Calder, agli artisti da lui scoperti, come Wolfs, fino a Giacometti, Masson, Lapoujade e Rebeyrolle, ai quali era legato da profonda amicizia. Testimoni di questi rapporti restano i saggi raccolti nel presente volume, che offrono materiale indispensabile per ripercorrere le riflessioni di Sartre sull’arte figurativa, dai Mobiles di Calder, 1946, fino ai quadri di Rebeyrolle, 1970; essi inoltre sono indicatori della sua familiarità con le opere dei maggiori esponenti delle avanguardie artistiche: Picasso, Breton e il Surrealismo, senza dimenticare Klee e Van Gogh. Un percorso entusiasmante attorno agli avvenimenti che animano l’arte moderna. Sartre intuisce, senza indugi, la direzione in cui si sta verificando un proficuo rinnovamento artistico, significativo sia dei suoi interessi estetici, sia della stagione culturale che il filosofo sta vivendo da acuto testimone del suo tempo. Attivamente presente e partecipe al dibattito sulle arti figurative – surrealismo, realismo, astrattismo – Sartre ne promuove le poetiche sulla rivista Le Temps Modernes. Come suggerisce Michel Sicard, nell’introduzione, il costante riferimento a temi quali spazio, tempo e movimento, bellezza o modernità, rivelano le coordinate di un’estetica, mai scritta da Sartre. Questo volume raccoglie per la prima volta, tutti insieme e in versione integrale, i lavori di Sartre sull’arte contemporanea, mai pubblicati così finora neanche in Francia.
*Jean-Paul Sartre, Pensare l’arte è stato segnalato da:
La Repubblica, venerdì 12 dicembre 2008 (leggi l’articolo)
Benjamin, programma culturale all’interno del TG di Rai Uno domenica 14 dicembre 2008, che l’ha segnalato come ideale strenna natalizia (guarda il video)
Corriere della Sera, venerdì 2 gennaio 2009 (leggi l’articolo)
Jean-Paul Sartre
La liberté cartesienne.
Dialogo sul libero arbitrio
a cura di Nestore Pirillo
Marinotti Edizioni, 2007, pp. 176
La liberté cartésienne di Jean-Paul Sartre è uno scritto emblematico nella storia della filosofia del Novecento. Pubblicato nel 1946, subito dopo la conclusione della Seconda Guerra Mondiale, ripropone il problema del libero arbitrio a ridosso di un momento storico in cui la libertà era stata per lo più minacciata, se non addirittura soffocata, in Europa. Il saggio apparve nella collana “I classici della libertà”, fondata da un importante studioso dello “spirito borghese”, Bernard Groethuysen, allievo del filosofo Wilhelm Dilthey. Secondo il modello editoriale, cui partecipò anche lo storico Lucien Febvre, il saggio introduceva ad un autore che documentava con i suoi scritti la continuità e la trasformazione dell’ideale “classico” di libertà nella storia della coscienza europea. La nozione di libertà che Sartre delinea, trae origine dal recupero del concetto di libertà, così come pensata da Cartesio, ossia caratterizzata dalla possibilità e dall’autonomia della scelta. Al di là dei confini confessionali, il libero arbitrio è proposto come un valore “transtorico”, “secolarizzato”, oggi si direbbe dell’uomo multiculturale. Sartre considera Cartesio come il filosofo che in un’epoca “autoritaria” pensa la libertà dei moderni. A lui fa risalire con la dottrina del cogito, la dottrina della democrazia.
Questo testo sartriano, del tutto inedito in Italia, viene qui presentato, non solo per la prima volta, ma insieme con i brani di Cartesio ai quali Sartre fa riferimento. L’edizione proposta offre così una lettura comparata di Sartre e Cartesio, quasi un dialogo virtuale tra due maestri del pensiero occidentale.
Jean-Paul Sartre
Novelle Racconti
Pensieri e Progetti dagli Ecrits de Jeunesse
a cura di Gabriella Farina
Marinotti Edizioni, 2007, pp. 416
La Christian Marinotti Edizioni si fa promotrice di una nuova iniziativa di grande interesse per gli studiosi e per gli appassionati lettori di Jean-Paul Sartre. Si tratta della pubblicazione dei testi letterari giovanili del noto filosofo francese, elaborati negli anni 1922-1927, e per la prima volta tradotti in italiano.
Romanzi, novelle, un quaderno di pensieri e citazioni, scritti ironici ed autoderisori, offrono un ritratto di Sartre poco noto, ma di estremo interesse per comprendere il suo percorso intellettuale davvero singolare, ove il pensiero si intreccia con i ricordi biografici e la storia di una vita.
Vi si annuncia un programma che Sartre inizia a delineare, ma che solo le opere della maturità consentono di svelare. E’ a partire da questi primi lavori che l’autore comincia a scoprirsi, ad assaporare il senso di esistere in prima persona come intellettuale ambizioso, timido e nello stesso tempo brutale, solitario senza indulgere alla tristezza, capace di sedurre il lettore con il suo entusiasmo, il suo ingenuo ottimismo ed intelligenza creatrice.
La lettura di questi scritti offre l’occasione di ripercorrere nel suo divenire tutto l’itinerario della sua vasta produzione, itinerario complesso e, per molti versi, ancora inesplorato.
Jean-Paul Sartre
L’intelligibilità della Storia
Critica della Ragione dialettica Tomo II
(trad. Florinda Cambria)
Marinotti Edizioni, 2006, pp. 584
Quest’opera, redatta tra gli anni 1958 – 1962 e rimasta incompiuta, costituisce il secondo tomo della Critica della Ragione dialettica. Il testo, interamente dedicato alla intelligibilità della Storia, teatro delle relazioni conflittuali intersoggettive e luogo del divenire dell’uomo, si rivela come uno tra i libri più suggestivi della filosofia di fine Millennio.
Le analisi sartriane offrono l’occasione di riflettere sulla condizione del vivere e sul progressivo cammino dell’esperienza critica, indispensabile alla costituzione di una società libera ed autonoma. Sartre pone sul tappeto un nodo cruciale dei nostri tempi: il “sociale” non è e non può essere sottoposto al “politico” e la Storia è il terreno su cui si gioca questo conflitto. E’ nella lotta ed a causa di essa che gli uomini vivono la penuria, nel movimento stesso che tende ad oltrepassarla. L’esperienza critica, cui Sartre si appella, potrebbe essere la via per rintracciare l’intelligibilità diacronica delle trasformazioni storiche e il difficile rapporto tra la singolarità della praxis e l’oggettività della Storia.
Infine, e non meno importante nel giudizio complessivo di questo testo, è soprattutto l’immagine di se stesso che Sartre dona al lettore; l’immagine di un uomo sofferente, drammaticamente coinvolto in prima persona in tutti gli avvenimenti della storia concreta, o delle infinite storie che contraddistinguono l’avventura umana; l’immagine di un Sartre che non cessa mai di osservare il mondo, che cerca di comprenderlo, ma che sa benissimo di non riuscire nell’intento, poiché troppo coinvolto nella situazione avvolgente di un “racconto” infinito, dialetticamente contraddittorio e sempre sfuggente.
Jean-Paul Sartre
Tintoretto o il sequestrato di Venezia
Marinotti Edizioni, 2005, pp. 324
Questo libro raccoglie per la prima volta in un unico volume tutti gli scritti di Sartre sul Tintoretto. Si tratta della prima edizione autorizzata – mai pubblicata al mondo, nemmeno in Francia – di un’opera alla quale Sartre lavorò per quasi un decennio, dal 1951 ai primi anni Sessanta, senza poi darle una forma definitiva.
L’interesse per Tintoretto nasce probabilmente nel corso dei frequenti viaggi compiuti da Sartre a Venezia. L’approccio alla materia è originalissimo: la storia della città e della società veneziana, i rapporti con gli altri pittori (Tiziano, Veronese) e con la pittura fiorentina sono fatti ruotare attorno alla figura del Tintoretto, che Sartre definisce “braccato”, in continua lotta con se stesso e con la sua città. «Tintoretto è Venezia – scrive Sartre – anche se non dipinge Venezia». Prendendo spunto dalle biografie del passato – dalle Vite del Vasari sino ad un celebre articolo di Vuillemin del 1954 – ed utilizzando il metodo biografico già impiegato nel suo libro su Jean Genet, Sartre dà vita ad un’ incredibile biografia esistenziale, nella quale l’artista, la città e la pittura si illuminano reciprocamente, emergendo al termine sotto una luce radicalmente nuova.
Più di venti quadri del Tintoretto vengono analizzati minuziosamente, a partire dalla discussa svolta del 1548, con il San Marco che libera uno schiavo, ove compare per la prima volta quello che Sartre definisce il suo “partito preso”, o la sua ossessione: la rappresentazione della “pesantezza”. «Tintoretto è un pittore che dipinge le relazioni spaziali che si hanno quando si scolpisce». Cento anni prima che Galileo e Newton ne descrivessero gli effetti, Tintoretto scopre l’onnipresenza della forza di gravità, dipinge corpi in perenne squilibrio, folle di personaggi accalcati che si schiacciano a vicenda, santi e angeli che, finalmente, “pesano”. Per la prima volta, dice Sartre, un pittore chiede ai suoi committenti di ritrovare nei quadri che acquistano le “servitù” alle quali sono sottoposti nella vita quotidiana, il loro corpo a corpo con la materia.
Gérard Wormser
Sartre – Una sintesi
Marinotti Edizioni, 2005, pp. 208
Il testo di G. Wormser, Sartre. Una sintesi, offre un avviamento chiaro, agile e nello stesso tempo esaustivo al pensiero e all’opera di Sartre, uno dei più celebri e discussi protagonisti della cultura e della storia del Novecento. Il testo, suddiviso in brevi capitoli di facile consultazione, si propone di fornire un’introduzione al progetto sartriano, alla sua penetrante analisi delle possibilità dell’esistenza, della morale e della storia ed al suo sguardo sul vissuto umano. Da esso il lettore può trarre utili indicazioni per ricostruire ed approfondire i quadri teorici di un pensiero complesso, dinamico e non riconducibile ad una sola linea interpretativa.
Rispetto ad altri testi introduttivi al pensiero sartriano attualmente in circolazione, il lavoro di Wormser si contraddistingue in modo originale per la sua capacità di visualizzare l’essenziale, utilizzando un linguaggio facilmente comprensibile anche ai “non specialisti”. Il testo, corredato di un’ampia ed approfondita indagine critica, propone un originale confronto tra la filosofia e le scienze sociali, sottolinea gli aspetti più significativi delle opere sartriane, dalla dialettica delle libertà e delle sue limitazioni alla proposta di una filosofia “in situazione” che anticipano temi, metodi e problemi del nostro vivere quotidiano.
Jean-Paul Sartre
La mia autobiografia in un film – Una confessione
Marinotti Edizioni, 2004, pp. 160
Questo testo è la trascrizione della sceneggiatura del documentario Sartre par lui-même, costituito da una serie di conversazioni di Jean-Paul Sartre con Simone de Beauvoir e con gli intellettuali che più erano stati vicini alle sue imprese culturali e politiche. Girato per la maggior parte nel 1972, il documentario fu interrotto per motivi finanziari, e fu completato tra il 1975 e il 1976. In quello stesso anno fu presentato in anteprima al Festival di Cannes, ottenendo unanimi consensi di critica e di pubblico. L’intenzione di Sartre e dei suoi interlocutori era quella di completare e di prolungare la ricostruzione autobiografica che era racchiusa nel romanzo Les mots, del 1964, che valse allo scrittore francese il premio Nobel per la letteratura. Come è noto, egli lo rifiutò per il sospetto dichiarato che lo si volesse annoverare tra gli scrittori “borghesi”. Ma, rispetto a Les mots, il testo di queste conversazioni filmate costituisce non solo una integrazione cronologica dell’autobiografia di Sartre, ma aggiunge, al tema della sua storia di scrittore, la storia dell’evoluzione del suo impegno intellettuale e politico. Non va dimenticato che siamo nei primi anni Settanta, anni che rappresentarono per la Francia e per l’Occidente un momento di fortissima contestazione politica e di tensione ideologica. Sartre fu un protagonista tra i più significativi di quella cultura radicale.
Un libro cruciale, dunque, spaccato di una vita intensissima, raccontata da Sartre sin dagli anni della sua adolescenza, agli inizi del secolo, fino al Sartresettantenne. La Grande Guerra, i totalitarismi, l’esperienza da lui vissuta dei campi di concentramento nazisti, la resistenza, l’esistenzialismo, la rottura con Merleau-Ponty e Albert Camus, la guerra fredda, la guerra d’Algeria, il Vietnam, il ’68, il maoismo… tutto questo è passato in rassegna, sempre sotto un’angolazione problematica che cerca di rimanere fedele al ruolo dello scrittore e dell’intellettuale.
Jean-Paul Sartre
Bariona o il figlio del tuono
Marinotti Edizioni, 2003, pp. 172
Bariona è un originalissimo racconto scritto da Sartre nel Natale del 1944 per i suoi compagni di prigionia nel campo Treviri. Sartre ebbe modo allora di conversare a lungo con i preti detenuti, discutendo in fraterna sincerità di fede e teologia. E’ forse alla luce di questa nuova esperienza che Sartre scrisse un testo teatrale sul mistero del Natale. Lo compose in sei settimane, scelse gli attori, assistette a tutte le prove, creò la messa in scena ed i costumi e lui stesso. Vi partecipò come attore nella parte del Re Magio Baldassarre.
Il racconto ruota intorno alla figura di Bariona (dal curioso soprannome di “figlio del tuono”), capo di un villaggio vicino a Betlemme. La storia è ambientata nell’epoca in cui la Giudea era oppressa dai Romani e vessata da continue richieste di tributi. Alla visione di Gesù Bambino Bariona abbandona ogni diffidenza verso il Messia e si impegna nella realizzazione del progetto di liberazione del suo popolo.
Il racconto si offre al lettore come l’immagine di un’esperienza religiosa e raggiunge il suo apice nella descrizione, poetica e pittorica nello stesso tempo, del rapporto di intimità che lega la Madonna al Bambino. Questo testo era dettato anche dall’esigenza di creare aggregazione e solidarietà tra prigionieri credenti e non credenti e, nella chiara allusione alla Francia occupata dai Tedeschi, per sollecitare la resistenza dei suoi compagni di prigionia contro gli invasori.
Progetto, questo, assolutamente nuovo e singolare per Sartre, notoriamente riconosciuto come l’esponente di un esistenzialismo ateo; lui stesso non ha esitato a dichiarare di aver avuto sempre un rapporto difficile ed impossibile con Dio. Oggi, la lettura di quest’opera, offre l’occasione di ripensare l’ateismo di Sartre e la sua filosofia dell’esistenza.
Leggi la recensione di Claudio Tognonato (Il Manifesto, 21 aprile 2004)